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Fonti letterarie ed archeologiche
I Veneti antico popolo centro-europeo
I Veneti vengono spesso nominati nelle fonti letterarie classiche di lingua greca e latina. Di essi si ricorda: la straordinaria capacitá nell'addestrare razze pregiate di cavalli, le tradizioni storiche, i loro miti, le vicende belliche, i territori ove erano stanziati e la loro origine; sugli ultimi due punti peró le notizie sono apparentemente discordanti. Vediamo qualche esempio:
Cavallo di Troia
Omero "il poeta sovrano" (nato nel 850 a.C. circa) narra nell'Iliade che un gruppo di (V)Eneti provenienti dalla Paflagonia - regione dell'Asia Minore, situata lungo le sponde meridionali del Mar Nero - accorsero in aiuto dei Troiani in occasione della terribile guerra di Troia, nel XIII secolo a.C. circa. (II, 851-852). Anche Sofocle (497 a.C), Euripide (484 a.C), Teopompo (380 a.C.), Catone (234 a.C.) Cornelio Nepote (100 a.C.), Virgilio (70 a.C.) ed altri rammentano questo avvenimento dal tragico epilogo, riaffermando l'idea di un'origine orientale dei Veneti. Il padovano Tito Livio "filosofo della storia" (59 a.C.) scrive: "Antenore, con un gran numero di (V)Eneti, che scacciati per una ribellione dalla Paflagonia e perso il loro re Pilemene presso Troia, cercavano una sede ed un capo, arrivó nella parte piú interna del Mare Adriatico. Dopo aver cacciato gli Euganei, i quali abitavano tra il mare e le Alpi, (V)Eneti e Troiani occuparono quel territorio…l'insieme del popolo ricevette il nome di Veneti.." (I, 1,1-3 = Voltan 733);  
Il grande poeta Alcmane (fine del VII sec. a.C.) canta a Sparta: "…i puledri (v)enetidi della (V)Enetide, regione dell'Adriatico" (frg. 1,46-51; 172 = Voltan 4-5);
Erodoto "padre della storia" (484 a.C.) parla di (V)Enetoi, Veneti illirici (I, 196,1) (del bacino del Danubio inferiore, in area balcanica) alimentando inconsapevolmente negli studiosi moderni l'equivoco ormai superato di Veneti = Illiri;
Il geografo Polibio (205 a.C.) paragona i due diversi popoli: i Veneti adriatici ed i Celti della Gallia Cisalpina (II,17,5-6 = Voltan 169);
Plinio - detto oggi il Vecchio - (23 a.C.) scrittore di Como, enciclopedista ed ammiraglio della flotta romana descrive la Venetia adriatica ed i Veneti dell'Armorica, attuale Bretagna (Vannes), come aveva giá fatto C. Giulio Cesare (100 a.C.) nel suo De Bello Gallico, cosí pure Tolomeo (II sec. d.C.) e Cassio Dione (155 d.C.). Plinio include tra i Veneti anche i Venetulani laziali, nella sua epoca ormai scomparsi (III,69);
Il geografo e storico greco Strabone (63 a.C.) ci fa sapere che nella tragedia andata perduta "Gli Antenoridi" Sofocle nel dramma sulla presa di Ilio afferma: "… davanti alla porta di Antenore fu stesa una pelle di leopardo a segnalare che la casa non doveva essere saccheggiata: costui poi, assieme ai figli e con gli Eneti superstiti si salvó in Tracia, di lí riparó nelle (V)Enetica dell'Adriatico" (Strab. XIII,1,3 = Voltan 26), ma Strabone oltre a menzionare la tradizione annota: "…credo che questi Veneti (della Bretagna) siano i fondatori degli insediamenti veneti dell'Adriatico…ma lo dico senza insistere, per tali argomenti bisogna accontentarsi della verosimiglianza…" (IV,4,1 = Voltan 965).
Tacito (57 d.C.) storico e rétore della Gallia Transalpina localizza i Veneti (Venedi) nell'Europa Centrale, distinguendoli dai Sarmati (Germani, 64), mentre Pomponio Mela (etá augustea) definisce il Lago di Costanza Venetus lacus (III, 24);
Il geografo Tolomeo cita il Golfo dei Venedi, presso l'attuale Danzica ed i Monti Venedi in Masuria (Prussia Orientale).
Collane con elementi in ambra e pasta vitrea (Varsavia Museo Archeologico Nazionale)
Queste autorevoli testimonianze, assieme ad altre, in passato si sono dimostrate preziose fornendo precisi elementi di conoscenza, ed ora in seguito ai risultati ottenuti dalle recenti scoperte archeologiche e ad una moderna interpretazione critica dei testi non piú in contraddizione tra di loro. L'archeologia, con l'ausilio di varie discipline, attraverso lo studio di elementi materiali e spirituali ha dimostrato che i Veneti sono un popolo costituitosi nel Centro Europa.
In estrema sintesi, nell'etá del Bronzo Antico (1800 a.C. circa) fiorirono in Europa Centro-Settentrionale numerose civiltá; in Boemia si formó la Civiltá di Unetice, una ricca cultura dalla quale - nell'Etá del Bronzo Medio - (1500 a.C.) scaturí anche la prospera Civiltá di Lausitz/Luzica. La cultura lusaziana deve il suo nome ai ritrovamenti avvenuti a partire dall'Ottocento, nell'omonima regione compresa tra Polonia, Germania Orientale e Cechia ebbe una notevole diffusione verso sud e verso est. I lusaziani possedevano una forte organizzazione sociale e militare, praticavano la pesca, l'agricoltura usando l'aratro e producevano miglio, frumento, orzo, piselli, fave, segala ecc., inoltre, allevavano bestiame su vasta scala. Erano abili artigiani (armi e oggetti di bronzo) e mercanti; l'ambra - del cui commercio avevano il monopolio - fu uno degli elementi strutturali della loro economia. Gli insediamenti lusaziani si trovavano quasi sempre accanto a corsi d'acqua in pianura o su alture, ma quello che li caratterizzó particolarmente fu la cremazione dei defunti, invece dell'inumazione, con la sacra raccolta delle ceneri - dopo un complesso rito - in urne cinerarie. Queste urne venivano deposte sottoterra in aree sacre ai margini dell'abitato. Il cambiamento del tipo di sepoltura rivela una profonda maturazione spirituale, una nuova concezione della vita e dell'aldilá.

Per lungo tempo linguisti ed archeologi hanno dibattuto sull'appartenenza etnica dei Portatori della Civiltá dei Campi di Urne; l'opinione prevalente sino alla seconda guerra mondiale era che fossero gli Illiri, dagli anni Sessanta in poi che siano i Veneti (P. Bosch-Gimpera - R. Pittioni e J. Pokorny, ecc.).
Nel XIII secolo a.C. circa, ebbe inizio una massiccia migrazione dei Veneti - Portatori della Civiltá dei Campi di Urne - in regioni d'Europa, dell'India e dell'Asia Minore; ció spiega le molteplici attestazioni degli autori classici sugli insediamenti dei Veneti in territori tanto distanti. Tali racconti, pur avendo un eccezionale valore - come abbiamo giá detto - sono comunque tardi in confronto alla nascita del popolo dei Veneti, la piú antica nazione d'Europa.
Rimane tuttora misterioso il motivo che li spinse nel 1200 a.C. circa a spostarsi nel Baltico, nella Venetia atlantica, nella Venetia adriatica, in Paflagonia, in India, ecc. Esistono in proposito tante ipotesi, ma di certo sappiamo che:

  • la Civiltá di Lusazia in quel periodo era assai florida e pacifica;

  • l'arrivo dei Veneti o Venedi nelle aree ricordate, coincide con l'affermazione di un preciso orientamento spirituale e materiale, confermato dalla pratica esclusiva delle sepolture ad incinerazione e da altri elementi. I Veneti provocarono una rivoluzione culturale in Europa e forse anche in India senza precedenti, essi furono i divulgatori di una nuova religione e visione del mondo.

La toponomastica europea é altrettanto doviziosa di presenze riferite al nome etnico dei Veneti (Vedi il libro "I Veneti progenitori dell'uomo europeo" di Jožko Šavli, Matej Bor,Ivan Tomažiè - Ed. Veneti, Vienna) ed é indicativa di insediamenti di nuclei (forse empori commerciali) e di entitá etniche nazionali venete, frutto di migrazioni in luoghi a volte lontanissimi dalla loro sede originaria.

Mariarosaria Stellin
Marco Valerio Marziale e le Laudes Venetiae
Colli Euganei
Fetonte ed il  carro del Sole
Marziale nacque in Spagna a Bilbili, cittadina della regione terraconense (odierna Cerro de Bambola presso Calatáyud) tra il 38 ed il 41 d.C. Ricevette un'educazione accurata, verso il 64 d.C. giunse a Roma in cerca di fortuna. Qui fece parte di quei "minores amici" che vivevano nell'orbita di grandi personaggi di quel tempo e che lo aiutarono in molte occasioni. Fu in buoni rapporti anche con numerosi letterati tra cui Quintiliano, Giovenale, Plinio il Giovane…
Il poeta era di carattere modesto e schivo della banalitá, non aveva le smanie dei suoi ricchissimi protettori e preferiva ad essi una cerchia letteraria composta da poeti onesti e sinceramente ispirati: Marziale detesta la retorica, la declamazione… i suoi amici sono certamente ricchi patrizi come Stella, che si diletta di poesia e che divenne console nel 101, ma la sua naturale inclinazione lo porta ad amare persone raffinate come Clemente e Sabina Estense, oppure amici squattrinati quanto lui come Flacco. Questi personaggi sono tutti veneti e fanno probabilmente parte del circolo veneto della capitale: in questo giro di amicizie Marziale… ha modo di conoscere le tradizioni venete e di apprendere usi e costumi a lui celtibero forse sconosciuti….
Dalle letture di gioventú porta con sé acute; il meglio di Virgilio e di Catullo, i due massimi poeti della Venetia (Mantova e Verona fanno parte della Venetia ed Histria)…. poesia e tradizioni venete, miti e leggende, letture di gioventú e racconti ascoltati dalla viva voce dei Veneti del suo tempo, suscitano nel poeta una sensazione vivissima, che gli fá desiderare di trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella Venetia dove la natura e l'ambiente, l'uomo e la divinitá, sono profondamente rispettati ed intatti. Tale visione, che a Roma prende corpo, lentamente dal continuo rapporto con i suoi amici, diventerá una breve realtá, peró cosí intensa da permettergli di reinterpretare e far rivivere nelle sue composizioni l'antica anima popolare veneta, allora ancora serenamene immersa in un quadro ambientale e culturale unico al mondo… e questa visione vivrá nei secoli, piú viva e piú vera, nella sua dimensione poetica, di qualsiasi immagine o ricostruzione archeologica.
  
Libro 1,61: Laus Venetiae et Hispanae
Verona ama i versi del suo Catullo
Virgilio é l'orgoglio delle felice Mantova
e la regione di Abano é fiera del suo Livio
e non meno oggi di Stella e Flacco.
Il fertile Nilo ammira il suo Apollodoro,
il paese dei Peligni risuona del nome di Ovidio
l'eloquente Cordoba tesse le lodi
dei due Seneca e di Lucano, poeta senza pari
la folleggiante Cadice si vanta del suo Canio
e Merida celebra il mio amico Deciano.
Di te, Liciniano, si glorierá la nostra Bilbili
E di me non tacerá.


1,7 I due poeti
La colomba prediletta del mio Stella
Vince, o Massimo, il passero di Catullo
E Verona che ascolta mi lascia dirtelo:
tanto il mio Stella supera il tuo Catullo
quanto la colomba é maggiore del passero.


IV,25 Laus venetiae
Spiagge e ville di Altino emula di Baia,
selva che ha visto il rogo di Fetonte
e tu fanciulla Sola bellissima fra le Driadi
sposa del fauno antenoreo presso i laghi euganei
Aquileia, felice con il tuo ledéo Timavo
dove Cillaro si dissetó alle sette fonti
voi sarete mio rifugio e porto della mia vecchiaia
se mi sará concesso di trascorrervi il mio riposo.


X,93 Omaggio a Sabina Estense
Se prima di me, Clemente, vedrai
le spiagge euganee di Elicaone
e i campi ornati da gioghi di pambini
porta a Sabina Estense
questi carmi inediti
racchiusi nell'involucro porpureo.
Come la rosa ci é gradita
Se colta dalle nostre mani,
cosí un libro ci piace nuovo
prima di essere sporcato da un mento.


XIII,88 I gó
Per quanto siano lauti i banchetti
che si danno nelle cittá venete,
all'inizio del pranzo
si mangia antipasto di gó.


XIV,143 Tuniche di Padova
Le stoffe a tre fili di Padova vogliono molta lana
e le tuniche sono cosí rigide che si possono segare.


XIV, 152 Coperte quadrate di lana
La terra del dotto Catullo ti invierá queste coltri:
noi veniamo dalla regione di Elicaone.


Francesco Pescarollo
Il nome Veneti
La denominazione di Veneti é stata oggetto di approfondite indagini effettuate su base linguistica, semantica e varie sono le ipotesi sulla sua etimologia. Per esigenze di spazio mi limiteró a riportare una breve sintesi delle opinioni di autorevoli studiosi, ricordando che spesso nell’antichitá i popoli si autoriconoscevano in un etnico differente da quello introdotto nell’uso dagli “altri” per distinguerli e riferito dalle piú tarde fonti storiche. Ad esempio, per il linguista Giacomo Devoto in etrusco Rasenna erano gli Etruschi e Rasna la nazione (Il Linguaggio d’Italia - interpretazioni etrusche - 1977), per i Greci gli Etruschi erano i Tirreni. Il nome Germani non ebbe mai diffusione tra i Germani, rimanendo una forma dotta, al posto del comune deutsch, dal tedesco diota, gotico thiuda = popolo (da cui diutisch la lingua del popolo, infine popolo stesso). G. Cesare nel De Bello Gallico (La Guerra contro i Galli) ci informa che i Romani designarono i Galli come Celti.
L’assegnazione del nome ad un popolo in genere avveniva attraverso un meccanismo simile alla consuetudine di dare un soprannome (dito o lumenagia) a ciascun membro del paese. All’inizio si individua una particolare qualitá della persona, la si fissa in un detto successivamente ereditato da tutta la famiglia, il quale diventerá un vero e proprio cognome; l’origine del termine Veneti potrebbe corrispondere ad una loro caratteristica molto evidente. Altre volte veniva esteso il nome di una tribú a tutto un popolo.
Tornando ai Veneti il Devoto scrisse: “l’etnico Wenét…non puó identificarsi che con la fase dei conquistatori, organizzatori, realizzatori”. “…Dovunque si trovava attestata la parola Veneti, ivi si sono affermati rappresentanti di una organizzazione di tradizione linguistica indoeuropea, meritevole di essere definita e riconosciuta in confronto delle altre come quella sostanzialmente di vittoriosi”. (Origini Indoeuropee - 1958-1965 pag. 346,347). Il linguista Giovan Battista Pellegrini, peró, non é convinto della spiegazione e la trova discutibile (Dal venetico al Veneto, pag. 6 - 1991).
Per il linguista polacco Lehr-Splawinski Veneti stava ad indicare un grande popolo. Mentre per lo studioso Jozko Savli “…l’interpretazione dipende dal significato attribuito alla radice ven: - vincere - nelle lingue romanze, veti - piú grande - nel protoslavo, ven - fuori - popolo venuto da fuori nella lingua slovena (Jozko Savli, Matej Bor, Ivan Tomazic - Veneti progenitori dell’uomo europeo, pag. 116 - 1991).
La prima citazione relativa al nostro popolo ci é stata ha tramandata dall’Iliade, libro sacro per eccellenza della cultura greca. Omero (850 a. C.) - poeta sovrano - narra che gli Eneti/oi Enetoi, famosi allevatori di cavalli, furono alleati dei Troiani nella terribile guerra contro gli Achei (XIII-XII a. C.) e siccome nella lingua greca classica (ionico-attico) la consonante “v” cade, ecco svelato il motivo dell’impiego di Eneti invece di Veneti. Ma il poema omerico venne composto in epoca anteriore a tale codificazione linguistica, quando si parlava l’eolico-miceneo, lingua che possedeva il suono “v”, espresso dalla consonante digamma labiale spirante; la forma greca arcaica, quindi, si presume fosse Venetoi.
Un ulteriore fattore su cui riflettere é che gli autori latini e greci non conoscevano la lingua venetica, perció qualsiasi vocabolo venetico poteva subire un processo di trasposizione, con cambiamenti permessi dalle regole fonetiche; analogamente al fenomeno del sincretismo religioso le fonti tenderanno sempre a riportare il diverso a quanto é familiare.
L’etnico Veneti, lo scopriamo documentato in molteplici regioni dell’Europa Centrale con delle varianti e cioé Vendi, Wendi, Wendes, Wenden, Wender, Vinithos (in gotico), Vinda, Héneti.
I latini li chiamarono Veneti pur sapendo - come precisa Plinio (N.H. 37,43) - che il termine era la traduzione di quello greco. Venethi-orum poteva indicare sia gli abitanti della Venetia adriatica (P. Mela, Plinio, ecc.), sia gli abitanti della Venetia atlantica, oggi Bretagna (Caesar, ecc.). Veneti-orum é pure riferito ai Venedi, Veneti - di lingua slava - stanziati lungo la Vistola (Tacito, Plinio, ecc.). Gli scrittori di lingua latina adoperarono anche l’aggettivo veneticus; G. Cesare descrive la Veneticum bellum e Plinio aggiunge “...quae veneticae appellantur”, ecc.
Da duemila anni l’aggettivo latino venetus ed il sostantivo venetum hanno il valore di azzurro, il colore nazionale di Veneti (color venetus - Veg.). Brani che destano stupore ci sono giunti in merito a tale rapporto di coincidenza, specie nei racconti sulla vita dei circhi imperiali a Roma, in altre cittá dell’impero ed a Costantinopoli. (Livio, Giovenale, Marziale, Procopio, ecc.). Le fazioni sfidanti nelle gare equestri erano quattro: la Veneta factio - il partito dei Veneti - indossava vesti del colore della nazione veneta, compreso l’elmo con il cimiero piumato (Svetonio); gli altri erano: la Prasina factio - il partito dei Verdi - dal colore verde smeraldo, con il prasinus agitator e cioé l’auriga, i Rossi ed i Bianchi.

Mariarosaria Stellin
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