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Montebelluna importante centro venetico
Vasetti in lamina di bronzo decorati a sbalzo (V secolo a.C.) Museo di Montebelluna - da I Paleoveneti, pag 132 AA.VV. Editoriale programma 1988
Nell’etá del Bronzo Finale (1100-900 a.c.) si assiste ad un radicale riassetto del territorio. Le strutture abitative sono meno sparse in confronto a quelle del Bronzo Recente, di maggiori dimensioni e concentrate lungo i principali fiumi di pianura. Frattesina nel rodigino é un tipico esempio. Sorta su di un ramo del Po, svolse il ruolo di snodo commerciale di smistamento tra il centroeuropa e le aree orientali dell’Egeo.
Ulteriori abitati protourbani del Veneto furono Montagnana sull’Adige “ridente” assieme ad Este, Padova sulla Brenta, Oderzo tra la la Piave e la Livenza, Treviso sul Sile, ecc.
Montebelluna - insediamento venetico piú recente, venne fondata tra la fine del VIII e l’inizio del VII secolo a.c., tra la Brenta e la Piave. Circondata da splendide colline fu uno dei centri piú rilevanti della Venetia et Histria, agevolata nel suo sviluppo economico-mercantile dalla felice posizione geografica. Raffaello Battaglia e Giulia De Fogolari sono stati i primi studiosi che evidenziarono la consistenza del sito archeologico. Scavi effettuati nelle due necropoli di S. Maria in Colle ed in localitá Posmon hanno restituito materiale notevole e peculiare.
Le tombe attestano esclusivamente il rito della cremazione con ossuari, che raccoglievano le ceneri combuste del defunto, posti sia in piena terra sopra una lastra di arenaria, sia in cassette costituite sempre con lastre di arenaria, accostate fra loro per meglio proteggere i resti cinerari ed i corredi funerari. Vennero ritrovati una gran quantitá di oggetti in bronzo, come in tutto il gruppo plavense, che in proporzione sono piú numerosi in confronto a quelli di Este o di Padova; nell’area riaffiorarono recipienti enei di fogge particolari, molto diffusi nel vicino Cadore o nella Polonia del sud, per esempio le ciste cordonate (recipienti cilindrici per uso quotidiano e con funzione sacrale per la raccolta delle ceneri). Vanno segnalate, inoltre, le iscrizioni incise su vasi ossuari in lingua e grafia venetica ed altre piú tarde in grafia latina, con elementi venetici nella lingua e nel formulario.
 
Fibula in bronzo con cavallo e cavaliere  (VII secolo a.C.) Museo di Montebelluna - da I Paleoveneti, pag 132 AA.VV. Editoriale programma 1988
Montebelluna secondo il Battaglia possedeva un santuario - non ancora localizzato - il quale, a mio avviso seguendo la tradizione venetica doveva trovarsi all'aperto, in una radura fra i boschi sacri accanto al fiume (o ad un laghetto) ove si svolgevano le cerimonie religiose. Da esso provengono - se le informazioni dell’acquirente L. Bailo sono giuste - ma di certo dall’area plavense, i cinque magnifici dischi ex voto del IV-III secolo a. C. lavorati a sbalzo e raccolti nel Museo Civico di Treviso, di cui uno é decorato con puntini e ripete i motivi dei piccoli dischi di Este (stipe Caldevigo) e di quelli di S. Canziano del Timavo (Friuli); gli altri recano a sbalzo l’immagine di una figura femminile ritratta di profilo, vestita con grande eleganza alla moda paleoveneta. Rimane aperto l’interrogativo della loro interpretazione, erano sacerdotesse o divinitá? L’aspetto mistico religioso é espresso con una forte carica simbolica da una chiave, di modello celtico, tenuta in mano da queste donne. L’attributo serviva a dimostrare la sacralitá della immagine; in tempi remoti, in particolare nel mondo paleomediterraneo, la chiave era una caratteristica sia delle sacerdotesse guardiane del tempio, sia della divinitá per aprire il grembo della terra, delle partorienti e del cielo. Gli studiosi, pur con qualche riserva, sono orientati a pensare ad una rappresentazione di Reitia, la veneratissima dea nazionale veneta.
Vi é peró una questione che richiede un maggior approfondimento. Nelle migliaia e migliaia di reperti appartenenti a stipi votive della Civiltá dei Veneti antichi non é mai apparso un suo simulacro in terracotta, in pietra o in bronzo.
Forse i Veneti pensavano alla divinitá come ad un essere incorporeo non raffigurabile? L’incinerazione, che trasformava il corpo in uno spirito, dava la possibilitá - nella religione venetica - all’uomo di entrare in comunicazione o essere parte stessa dell’essenza divina?
Le risposte a questi e ad altri quesiti possono essere trovate nelle formidabili testimonianze lasciateci dai Veneti antichi, basterá avere la pazienza di cercale.
Mariarosaria Stellin
 
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